30. ott, 2021
IL DDL ZAN: L'ITER DELLA VERGOGNA di Rita Commiso
L'Italia è uno dei pochi paesi dell’Europa occidentale a non avere una legge che punisca esplicitamente le discriminazioni di cui sono spesso oggetto le persone con identità di genere o orientamento sessuale non eterosessuale o di identità non binaria (Lgbt).
Pare anche che di tale legge il Paese non si doterà neanche nell’immediato poiché la cd tagliola cui è stato sottoposto nei giorni scorsi il ddl Zan - avere ottenuto cioè il non passaggio agli articoli dello stesso ddl - comporterà non solo la non riproposizione della legge Zan ma anche una pausa, sul tema, di almeno sei mesi perché così prevedono i regolamenti parlamentari.
Ma perché si è arrivati a questa grave deriva? Vorrei andare subito a quello che io ritengo uno dei problemi principali : la definizione dell’identità di genere. Ebbene, per identità di genere nell’art. 1 del ddl Zan si intende l’identificazione percepita e manifestata di se’ in relazione al genere anche se non corrisponde al sesso, indipendentemente dall’avere concluso processi di transizione.
Si tratta a mio avviso di una formulazione che sfiora l’ideologia o l’ oltranzismo, in una platea legislativa attraversata non solo dagli umori di una destra che guarda ad Orban ma anche dalle spinte dai settori più retrivi della Chiesa cattolica e comunque popolata da una umanità che su temi come questi si interroga con la propria coscienza, al di là dei calcoli politici di bassa lega.
Quest’ultimo è forse il vero problema, ritengo infatti meno fondate le critiche e le riserve in relazione al coinvolgimento del mondo della scuola su iniziative nell’istituenda giornata nazionale contro l’omofobia e la transfobia, poiché mi fido dell’equilibrio del corpo docente della scuola italiana. In conclusione : difronte a quella che io, per le cose sopra dette, ritengo una legge divisiva era necessario andare ad un muro contro muro parlamentare soprattutto in un ramo come il Senato dai numeri traballanti? Non era meglio trovare le strade di una onorabile mediazione? A queste domande la sinistra italiana dovrebbe dare risposte.
Rita Commisso