2. ott, 2021

Elezioni: speriamo che l'eletto presidente sappia sovvertire le brutte abitudini e trasformare i vizi consolidati in virtù vincenti di Emiliano Morrone

Le storie puoi raccontarle in vari modi. Agli atti rimarranno come vicende spia o fenomeni significativi, di là dalle parole della narrazione. 
Con forma asciutta ed oggettiva, oppure con l’aggiunta di dettagli, riflessioni ed auspici, puoi presentare e scuotere la Calabria come ti pare. I suoi “Dop”, “Igp” e “Docg” potrebbero restare comunque immutati: solidi e resistenti tipo le querce secolari e i pini giganti di Fallistro, l’Anfiteatro Flavio, Maria De Filippi o il commissariamento della sanità calabrese. Malgrado il tuo impegno matto e disperato nell’invocare la ragion pura e pratica, la legge morale interna o l’angelo necessario, i vizi politici e le prassi amministrative della vecchia Enotria, «Terra del vino», sono destinati a preservarsi come i prosciutti sanizzi nelle fresche stanze delle provviste. Perché la regione è il luogo della conservazione sicura, dell’ortodossia che sopravvive ai moti delle transizioni euro-eco-digitali. È la Curno dei freni della spesa pubblica, è la turbina MTT dell’assistenza a pioggia. Si rammenti, poi, che ben prima della Cina, la Calabria lanciò i Tik Tok nelle stanze del potere: balletti, barzellette, moonwalk improvvisato e divertito.
Sembrerebbe essere un’esagerazione, ma, come ripeteva il compianto Paolo Pollichieni, «in Calabria la realtà supera la fantasia». L’abbiamo visto, vissuto negli ultimi anni di crescita esponenziale dei social, che ci hanno offerto materiale unico per commedie d’avanguardia. Dalle peperonate e parmigiane di melanzane identitarie agli agrumi della promozione sentimentalistica; dai ventilatori polmonari dello scherno alle inchieste su sé stessi; dai delegati presidenziali spazientiti ai dirigenti «quattro stagioni», la realtà calabra, quella richiamata da Pollichieni, ci ha fornito un campionario enorme di episodi e personaggi in cerca d’autore, che ci hanno tenuto compagnia salvandoci dalla prigione del quotidiano e sollevandoci dalle nostre responsabilità di individui e cittadini. Senza tralasciare, naturalmente, gli eroi virtuali che lottarono contro i cerberi della Cittadella, traversarono paludi infuocate, ricacciando – a loro dire – degli Argenti con aquila sul petto.
Per molto tempo, il mio amico Ettore Jorio ha analizzato a fondo la situazione sanitaria della Calabria, scrivendo una quantità impressionante di articoli, sempre puntuali e pieni di proposte, consigli, soluzioni. La verità è che di questo patrimonio pubblico ce ne siamo infischiati bellamente, che la distrazione e il voyerismo virtuale hanno soffocato la logica, il buon senso e finanche l’istinto di sopravvivenza; hanno innalzato la soglia del dolore per lo stato generale dei servizi pubblici, abbandonati alla loro sorte, lesi dal Risiko di palazzo e caduti, salvo eccezioni, nell’abisso dell’indecenza.
Il pericolo è che in un contesto segnato dall’ignoranza compiaciuta e dalla sovversione dei valori, dall’ostilità cronica per il merito e dalla ricerca patologica del clamore e del consenso, saperi e competenze passino in secondo piano, appaiano sempre di più come il perturbante, il Das Unheimliche da cui tenersi alla larga per campare alla giornata, fidandosi di un «circo» pubblico che ha già dispensato, esaurendoli, arachidi e zucchero filato, col tendone lacero e la pista priva di protezione per gli acrobati.
Allora bisogna mollare il ruolo di spettatori; mettere da parte la tradizione delle conserve, dei sottoli e delle attese permanenti; lasciarsi parlare da chi conosce i problemi; cercare contenuti e risposte; intervenire nel merito delle questioni; spingere la politica a rinnovarsi nel profondo: nel metodo, negli indirizzi, nelle scelte. C’è ancora speranza, davanti alla realtà.
Emiliano Morrone