29. set, 2021

TUTTI AL VOTO. Elezioni e astensionismo, tra disamore, sfiducia e profili psicologici di dovere “scegliere” di Serena Giglio

Le imminenti elezioni mi spingono a svolgere alcune brevi considerazioni sull’astensionismo politico – fenomeno che, purtroppo, è particolarmente riscontrabile nel Meridione.
Certamente, per comprendere il comportamento elettorale astensionistico, è necessario, in primis, considerare, a contrariis, i due principali moventi che spingono i cittadini a recarsi ai seggi e a compilare e depositare una scheda validamente espressa: fattori di natura istituzionale e ragioni di “opportunità”.
Orbene, mentre i fattori istituzionali sono condensabili nelle norme e nelle disposizioni di legge su cui si fonda il sistema politico e che regolano il diritto al voto (accessibilità dei seggi, aspetti burocratici di tenuta delle liste elettorali, etc.), le ragioni di opportunità riposano sulle considerazioni personali dei singoli elettori.
Ed è questo secondo profilo – quello legato alle valutazioni personali degli elettori - quello più preoccupante, poiché espressione di una situazione psicologica ormai in aumento, che mostra, in maniera evidente, il suo risvolto patologico: l’ “astensionismo di opinione” del cittadino, che si traduce in un vero e proprio rifiuto del Sistema e che si attua tramite la mancata partecipazione alle elezioni ovvero a mezzo dell’annullamento della scheda elettorale oppure dell’introduzione nelle urne di una scheda bianca.
Questo fenomeno, invero, è maggiormente sentito al Sud, poiché risente moltissimo del meccanismo Centro-periferia, comportando l’astensionismo proprio di quella fascia di popolazione che, per ragioni socio-economiche risulta più lontana dal Centro (persone anziane, meno istruite, più periferiche), appartenenti ai più piccoli (e poveri) Comuni limitrofi alle città metropolitane.
Si verifica così un effetto paradossale: le fasce più deboli ed indigenti della popolazione – vale a dire proprio quelle che, più delle altre, necessiterebbero di cure ed assistenza sotto ogni punto di vista – sono le stesse che esercitano questa astensione di opinione e, così facendo, alimentano lo statu quo.
Accanto all’astensionismo di costoro, purtroppo, si registra, seppure in percentuale notevolmente minore, anche quello di parte della popolazione “colta”, fortemente scoraggiata dai veri e propri disastri e dalle finte promesse degli ultimi “Governi” e disillusa rispetto a nuove figure politiche in grado di migliorare concretamente le cose.
Insomma, il meccanismo suddetto finisce con il diventare una cane che si morde la coda, nel quale i più deboli fanno le spese della loro condizione di emarginazione di partenza ed i più “colti” non esercitano il diritto ad utilizzare gli strumenti messi loro a disposizione per cambiare lo stato delle cose per sé e per i primi.
Ma scegliere non è solo un diritto, scegliere è, insieme, un dovere e una questione di responsabilità, su cui occorrerebbe sensibilizzare la popolazione tutta e, per fare ciò, è necessario che i candidati alle future cariche politiche si prendano la briga di spiegare, nella maniera più semplice e comprensibile possibile, i programmi, di medio e lungo termine e gli obiettivi concreti su cui intendono lavorare.
Scegliere è imprescindibile, specie al giorno d’oggi, giacchè significa diventare, da vittime, protagonisti della propria vita e del proprio destino ed, insieme, di quello dell’intero Paese. Così, se la paura di sbagliare o la sfiducia estrema nei confronti del prossimo potrebbero far ritenere più conveniente “astenersi”, va considerato che chi non è in grado di scegliere diventa, attraverso tale “non-azione”, il grande complice dei molti mali che affliggono il vivere civile e sociale.
Scegliere è rispondere delle cose e delle situazioni e, dunque, impegnarsi a prendersene le conseguenze e, tale fare attivo, conduce ad esercitare la capacità di fare valutazioni e di esercitare la “critica” di fatti e circostanze. Certamente decidere equivale, sempre e comunque, a compiere un azzardo, poiché significa accettare il rischio che la scelta compiuta si riveli erronea e, dunque, a superare la paura psicologica del “fallimento”, ma, cionondimeno, è solo attraverso la scelta che ciascun individuo si converte in soggetto attivo (prima ancora che elettore attivo) e, quindi, protagonista del proprio vivere e di quello degli altri, diventando responsabile, insieme a questi altri, di sé e di coloro che dipendono da lui.
E allora, con le elezioni alle porte e nell’auspicio di “superare” il problema qui analizzato, viene spontaneo chiedersi e chiedere: “Candidati del Sud, a chi state aspettando?!” Esponete programmi seri (che siano programmi nel senso letterale del termine e non elenchi “copia e incolla”, come ne stiamo vedendo, purtroppo, molti) e sappiate assumervene le responsabilità, impegnandovi a realizzarli, nel rispetto di valori imprescindibili di trasparenza, coerenza, onestà che, se onorati, daranno certamente un senso a questo impegno.
E Voi, cittadini tutti, mettete al bando la paura e scommettete su questi programmi e obiettivi: lo dovete a Voi stessi, lo dovete gli altri e, ancora, lo dovete alle generazioni che verranno.
La politica non è dissimile dalla vita … e poiché vivere è rischiare, è mille volte meglio farlo, sapendo di poter sbagliare, che rimanere inermi e farsi travolgere dalle scelte altrui, perché chi non sceglie oggi, in prima persona, sarà certamente succube, domani, delle decisioni prese da altri e non è affatto detto che si riveleranno migliori!
Serena Giglio
(avvocato in Roma)