23. set, 2021
Occorre una Regione vestita di nuovo di Santo Biondo
Il nostro Paese ha il bisogno impellente di avviare tutte le transizioni, richieste dall’Europa e sancite nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: da quella energetica a quella digitale, da quella ambientale a quella industriale e del lavoro. Una necessità che diventa dirimente per il Mezzogiorno - l’area della penisola- maggiormente in ritardo rispetto al resto della nazione e tanto più per la Calabria che, nel quadro della macro regione meridionale, è il territorio che sta soffrendo di più per i suoi ritardi storici, sedimentati ed amplificati dalla pandemia da Covid-19. Il Paese deve procedere spedito verso questa modernizzazione necessaria, per rendere sostenibile l’economia italiana, accrescere la nostra competitività nel raffronto internazionale, fattori fondamentali, per mantenere l’occupazione attuale e crearne di nuova. Tuttavia l’urgenza, di rinnovamento del sistema Italia, stride fortemente con i tempi troppo lenti, con i quali il governo Draghi procede lungo il percorso di riforma degli ammortizzatori sociali, delle politiche attive e della formazione professionale. Stesso andamento lento sembra caratterizzare anche la realizzazione di una infrastruttura dei servizi per l’impiego moderna e performante, indispensabile nell’incrocio, in tempi europei, tra la domanda e l’offerta di lavoro. In riferimento a questi temi, che per noi sono prioritari, dato che nessun processo di rigenerazione industriale e produttiva, è possibile se non si formano e si qualificano le “menti” e le “braccia”, ovvero le lavoratrici, i lavoratori, i giovani e le donne, oggi esclusi dal mercato del lavoro, persone fondamentali alla realizzazione di quei processi richiesti dalla Ue; registriamo poca convinzione e scarsa energia propulsiva da parte dell’Esecutivo. Una energia propulsiva frenata dal tema delle risorse economiche. Tuttavia nessuna transizione sarà possibile, nessuna modernizzazione del Paese sarà perseguibile se la questione della qualità e della qualificazione del lavoro non verrà sostenuta economicamente. Il governo Draghi, eviti di commettere l’errore compiuto dagli altri governi che lo hanno preceduto, avendo anche il Presidente del Consiglio, l’aggravante dovuto al fatto che questa volta non vi è un problema di risorse economiche, ma semmai vi è invece una questione di priorità e di scelte che dovranno fare. È il caso di dire: la politica purtroppo in Italia, non trae mai giovamento dagli errori del passato. Il rischio sotteso a questi ritardi è infatti quello di veder svanire o, nella migliore delle ipotesi, procrastinare sine die l’impegno di quasi cinque miliardi di euro messi a sistema per l’avvio di “Gol”: lo strumento che dovrebbe rappresentare la Garanzia di occupabilità dei lavoratori che, rinnovando le politiche attive, dovrebbe offrire nei prossimi anni a circa 3 milioni di beneficiari una nuova opportunità professionale. L’Italia, però, in questo momento ha bisogno di rimettere in moto i suoi sistemi produttivi, ha bisogno di nuovi occupati, per questo è necessario intervenire sui Centri per l’impiego che sino ad oggi, purtroppo, hanno dimostrato di essere - in alcune regioni come la Calabria - l’anello debole della rivoluzione sperata. In un Paese in cui servono assunzioni per rafforzare la pubblica amministrazione, in cui mancano all’appello 76 mila infermieri e 11 mila medici, in cui alla macchina della giustizia servono 10 mila addetti e gli enti locali devono fare fronte alla carenza di 20 mila dipendenti, non è accettabile che i Centri per l’impiego non siano stati ancora resi concretamente operativi e che agli stessi ancora scontino un vuoto in organico di circa 12 mila addetti. Per la sola Calabria, una delle regioni che non ha dato corso al rinnovamento dei Cpi, il Governo aveva messo a disposizione le dotazioni necessarie per sottoscrivere 260 contratti di assunzione. Ad oggi, purtroppo, nulla è stato ancora fatto. Questo ritardo ci preoccupa. Questo ritardo rischia di azzoppare il rilancio dei servizi per l'occupazione e le politiche attive per il lavoro, prima grande riforma prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il Governo deve intervenire! Ovviamente la lentezza sul piano del confronto, dell’analisi e della risoluzione delle problematiche è amplificato nelle regioni del Mezzogiorno ed in particolare in Calabria. Siamo convinti, infatti, che la gestione di alcune competenze che la riforma del Titolo quinto della Costituzione ha lasciato in mano alle autonomie regionali debba tornare in capo allo Stato. E’ fondamentale, infatti, che si individui, in tempi europei, un luogo di coordinamento nazionale in grado di dare un indirizzo specifico alle regioni su questi temi. Ciò per assecondare le avvertenze dell’Ocse che, non più tardi di alcune settimane fa, ha detto chiaramente che per la ripartenza del Paese bisogna fare crescere il lavoro, il lavoro di qualità, e che bisogna farlo soprattutto al Sud e che questa rivoluzione deve coinvolgere i giovani e assecondare il loro bisogno di vedere realizzate le proprie aspirazioni. Registriamo preoccupati, poi, la distanza di visione strategica tra un’Europa che considera il dialogo sociale tra gli attori in campo, fondamentale e di cui il Paese ha bisogno e la lentezza, invece, con la quale in gran parte delle regioni italiane, in particolare in quelle del Sud Italia, si sta dando avvio al lavoro partenariale fra le istituzioni e le parti sociali sulla finalizzazione delle risorse del Pnrr, sulla riprogrammazione dei fondi europei in scadenza e sulla determinazione della nuova programmazione dei finanziamenti messi a disposizione dall’Europa. Ritardo di confronto che non solo contravviene all’indicazione vincolante di Bruxelles che, senza remore, ha dato ai Paesi membri, ma mette in risalto la miopia della politica nazionale e locale. Infatti in una fase di radicale mutamento, il come ridisegnare il futuro della società, è un diritto e un dovere di partecipazione che riguarda tutti gli attori sociali presenti sul territorio. In Calabria, ancora, ci preoccupa la fase di rinnovo delle istituzioni regionali che, inevitabilmente, finirà per dilatare ulteriormente la convocazione del tavolo del partenariato economico e sociale e dei comitati di sorveglianza. Anche alla luce di ciò, infine, i partiti che compongono le istituzioni nazionali, anche rispetto all’input del Presidente del Consiglio sull’attesa velocizzazione dei progetti, hanno l’obbligo etico e morale di trasferire questa attenzione ai propri rappresentanti all’interno delle istituzioni locali che, purtroppo, stanno mancando sul piano del confronto con il partenariato e mettendo a rischio la possibilità di mettere anche la Calabria sul treno della ripartenza.
Santo Biondo