22. set, 2021

UN VECCHIO MODO DI FARE POLITICA CHE LAVORAVA PER LA GENTE di Giuseppe Giudiceandrea

C’è una canzone, è di Giorgio Gaber, che in tanti avrete ascoltato almeno una volta nella vostra vita. Dipinge in parole e musica (ed anche tanto fine umorismo) l’evento che in famiglia mi hanno insegnato a vivere con tranquilla solennità’ : il giorno delle elezioni... Quasi sempre in un giorno di sole, convinti che la volontà dell’uno possa essere determinante a creare un mondo migliore per tutti. Ricordo il vestito buono di mio padre, il nodo alla cravatta e l’aria tesa e seria di chi si accingeva a compiere, ogni volta, un atto solenne vicino ad un giorno di festa, ma tenuto strozzato per scaramanzia e rispetto. Ricordo il profumo di mia madre, il rossetto ed i saluti per strada e fino al seggio, dove insieme ai figli di altre decine di “compagni” e non, invadevamo il cortile della scuola elementare che per una volta non era austero e disciplinato, ma terreno di giochi e corse infinite. Ricordo le analisi dei flussi che mio padre destreggiava con sapienza e sempre rinnovata curiosità, e la felicità o tristezza di mia madre per un segno “più” o “meno” davanti alla percentuale del suo partito... quello stesso partito che giocò loro una scherzo dal quale Rita ebbe modo e tempo di riprendersi e risollevarsi, portata in trionfo come una “Santa” dal suo popolo che volle rispondere con uno schiaffo ai totem all’offesa subita da quella sua indomabile figlia. Ed i comizi appassionati di mio padre, i gesti da attore consumato ad accompagnare commenti ed applausi di una folla sempre presente sotto ai suoi palchi. Ricordo lui, Tommasino, stanco e provato dalle cure al suo cuore malato, avvicinarsi dopo anni ad un microfono nella sala consiliare (oggi a lui intitolata) della sua Calopezzati e ridiventare un leone nel pieno delle forze per quella meravigliosa mezz’ora di arte oratoria che dispensò alla gente che lo amava e per sempre lo avrebbe amato. Ricordo le poche sconfitte e le tantissime vittorie, ed in nome di quelle, anche questa volta, mi accingerò al voto con quella sacralità che era propria di mio padre, col sorriso e lo sguardo benevolo di mia madre, a ringraziare come mi hanno loro insegnato, gli uomini e le donne della resistenza, morti perché noi potessimo esercitare questo meraviglioso diritto. In una giornata di sole, con una matita perfettamente temperata, a fare il segno sul mio segno, in onore di Rita, Tommaso e della democrazia.
 Giuseppe Giudiceandrea