17. set, 2021
Il giusto rapporto tra rappresentanti e rappresentati di Francesco Molinari
Il tema è “ il legame tra rappresentanti e rappresentati” , che è poi all’origine stessa della nascita della democrazia intesa come “governo del popolo” per come creata dalle riforme di Solone nel lontano sesto secolo a.c. ad Atene.
Diciamo che provo ad affrontarne uno degli aspetti, tanto è complesso il tema.
Tema, a dire il vero, che nei tempi recenti si è poi declinato nel ripensamento della Democrazia stessa e a maggior ragione dopo la rottura degli equilibri post “caduta del muro di Berlino” e la fine ingloriosa – da noi a seguito di quel fenomeno giudiziario denominato “mani pulite” - dei partiti che nell’800 avevano portato le masse, in uno al suffragio universale, ad avere rappresentanza nelle istituzioni. Ripensamento inteso sia in senso “politico-giuridico”, perché generativo della crisi la rappresentanza politica e la partecipazione popolare, sia di estinzione sostanziale dei partiti di massa.
Il meccanismo della “rappresentanza” radica la sua esistenza nell’esigenza di mediare l’istanza fra chi gestisce/amministra le istituzioni di una comunità e chi è amministrato.
L’ideale a me caro invece - come durante la rivoluzione francese, che è altro spartiacque nella cd “cultura occidentale”, a gente come Rousseau – è realizzare quella forma di governo in cui il potere (kràtos) è effettivamente nelle mani del popolo (dèmos), per realizzare, fra gli altri, l’ideale ugualitario dell’isonomìa (da ìsos, ‘uguale’, e nòmos, ‘legge’), vale a dire la parità di tutti i cittadini di fronte alla legge, attraverso strumenti che consentono al potere di circolare fra tutti i cittadini – come nell’antica Atene - per cui non vi è più la suddivisione fra sudditi e sovrani, cioè fra chi ha ed esercita il comando e chi deve subire l’ubbidienza. Posizioni che, in una democrazia circolare, non si contrappongono più in modo statico tra gli individui, perché oggi un cittadino ubbidisce, ma domani comanda, per poi tornare a ubbidire, in una circolarità delle funzioni, appunto, che coinvolge l’intera cittadinanza.
Questo, fuor da ideali, poteva accadere nell’Atene antica, perché la democrazia si basava sulla partecipazione diretta di tutti i cittadini alla vita politica, tanto nell’assemblea quanto nel consiglio o nelle varie cariche pubbliche. Dal momento in cui veniva ammesso nella cittadinanza, lungo tutto il corso della sua esistenza, un ateniese infatti aveva buone probabilità di diventare membro del consiglio e suo presidente, di ricoprire una carica pubblica, di partecipare a una giuria.
Il crescere sia del numero della popolazione che della complessità della struttura economico-sociale delle società, come detto, ha reso sempre più complesso ripeterlo dopo quell’unico esempio ed anche se nella storia vi sono stati tentativi di riprodurla, sono tutti falliti se non in piccoli ambiti ma mai in società complesse.
A dire il vero, ai primordi della rivoluzione digitale e di strumenti come internet, in molti si sperava come vicino la sua realizzazione, se non poi scontrarsi, a maturazione di quegli strumenti, con un peggior e più pericoloso (perché non facilmente individuabile) accentramento del potere - in questo caso delle informazioni e del controllo della vita di tutti i giorni- per la democrazia e la libertà di tutti, che nel passato.
Per questo, oggi, il traguardo mediato della “rappresentanza“ a cui si è alla fine giunti nella storia delle istituzioni democratiche, è il sistema che dobbiamo accettare come il “meno peggio” che abbiamo e che ha trovato valorizzazione da quell’altra grande invenzione che sono state le Costituzioni.
Sistema intorno a cui possiamo però spenderci – per chi ha ideali come i miei– per costruire “istituzioni” che funzionino al meglio ed in cui innestare sempre più (con l’aumento della partecipazione attiva e consapevole dei cittadini informati siano o meno organizzati) strumenti di partecipazione diretta attraverso cui avvicinarsi alla realizzazione della cd “circolarità delle funzioni/poteri” in cui il Popolo (anche l’arrivare a riconoscerlo come la fonte da cui scaturisce il potere è stato ed è una lunga storia e non pienamente riconosciuta da tutti) eserciti il Potere direttamente senza mediazioni alcuna.
A metterla giù semplice e per lo spazio a disposizione, posso solo dire che il tentativo ancor in corso e per cui mi sono sempre speso in ogni mio impegno di politica attiva e che continuo con caparbietà a perseguire con “compagni di strada” non sempre gli stessi, è realizzare spazi maggiori di “partecipazione “ diretta dei cittadini nell’amministrare la cosa pubblica nelle sue vari sfaccettature e, questo, sia costruendo dei meccanismi di collegamenti maggiori e diretti fra chi , poi, deve rappresentare nelle istituzioni i cittadini sia aumentando ed utilizzando quelle forme di partecipazione diretta come i referendum e/o cercando di realizzare quelle forme di consultazione e partecipazione previsti dalla Convenzione di Aarhus del 1998 e dalle nostre latitudine quasi sconosciute e che , invece, trovano in Europa e nelle sue Istituzioni attenti interlocutori e patrocinatori.
Francesco Molinari