4. set, 2021

Restare in Calabria e lavorare sodo di Filippo Veltri

Restare e lavorare 

L’idea di aiutare i lavoratori da remoto a restare in Sicilia, Calabria, Puglia, Campania o Basilicata, pur avendo contratti con aziende che hanno sede altrove permette di lavorare anche fuori casa, fare rete ed evitare l’isolamento sociale.
 Più di 800 persone hanno già aderito a “South Working”. I follower sui social crescono di giorno in giorno.
 Il progetto è in fase avanzata e ha aderito l’associazione Global Shapers, legata al World Economic Forum.
 Secondo dati Svimez, in 15 anni 2 milioni di giovani laureati e lavoratori si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Nord Italia, con un trend crescente: se nel 2001 i laureati meridionali che emigravano erano il 10,7%, nel 2011 la percentuale è più che raddoppiata, raggiungendo il 25%. Capitale umano che, con il lavoro a distanza in valigia, ora potrebbe rientrare. E magari fare da apripista a quelli che hanno sempre sognato di vivere a due passi dal mare, e che già in questi mesi estivi hanno fatto i bagagli dalle grandi città e si sono spostati verso Sud, incrociando lavoro e vacanza.
Se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato, è che la vera innovazione non è dove lavori, ma come lo fai. Una nuova consapevolezza a cui si sono arresi anche i più scettici, che ha portato a un cambio di prospettiva: la città non è più il fulcro delle nostre attività.
 «Per ridurre davvero i divari territoriali, occorre intervenire sulla carenza dell’offerta dei servizi di base che si registra nelle aree marginali, del Sud come del Nord», dice Sabina De Luca, membro del Forum Disuguaglianze Diversità. «Il vantaggio di restare in alcuni posti è che sono luoghi più salubri, che permettono di vivere a contatto con la natura o vicino al mare. Ma se non ci sono scuole, trasporti e sanità accessibili, non c’è lavoro a distanza che tenga».
 
Cosa dovrebbero fare questi luoghi prima marginali passati improvvisamente in vantaggio rispetto alle grandi città svuotate dalla pandemia? La connessione veloce, ovviamente, è la premessa. Cosa che in Italia, soprattutto nei piccoli comuni, non è garantita affattocome si sta dimostrando ad esempio in Calabria in questa estate dove a volte non si può nemmeno telefonare. Sabina De Luca raccomanda: «Bisogna accelerare un piano infrastrutturale che dia la possibilità di avere accesso alla banda larga e ultra larga anche nelle aree marginali».
 
Per convincere chi è andato via a restare lavorando a distanza, non basterà la retorica sul contrasto alla fuga dei cervelli. Serviranno infrastrutture, soprattutto tecnologiche, scuole, ospedali e occasioni di socialità. «Palermo è la seconda città più cablata d’Italia e ha l’aeroporto vicino per potersi spostare facilmente», dice Elena. Ma molte altre realtà, del Sud e non solo, non offrono gli stessi servizi. «Dobbiamo creare massa critica, chiedendo alle istituzioni un impegno per il miglioramento del territorio». Il rientro di lavoratori altamente qualificati e con stipendi medio-alti significa nel breve termine «iniettare liquidità economica e incrementare i consumi» e nel lungo termine rappresenta anche «uno stimolo agli investimenti in questi luoghi, con un miglioramento della condizione dei territori stessi, che possono diventare attrattivi per i talenti italiani e stranieri alla pari delle regioni del nord.
Filippo Veltri