16. ago, 2021
La crisi della politica calabrese di Lorena Calabrese
Non vorrei usare parole forti, finirei per abusare della pazienza dei lettori calabresi.
Vorrei usare un tono ironico, ma finirei per sembrare superficiale rispetto all'importanza dei temi trattati.
La comunicazione è tutto!
È la base dell'interazione sociale, è forma di manifestazione dell'evoluzione e del progresso. Non a caso si usa un linguaggio diverso a seconda dell'interlocutore.
Ma se la crisi politica calabrese dipendesse anche da un problema di comunicazione?
Uno dei presupposti per la effettiva e piena comprensione di un messaggio è quello di porre sullo stesso livello chi espone il pensiero e il suo destinatario eliminando o almeno riducendo in parte il dislivello comunicativo. La politica è comunicazione. L'uomo politico è anello di congiunzione tra governante e governato, non esso stesso potere.
Da cosa dipende il dislivello comunicativo tra politici calabresi e popolazione? Usano una lingua diversa? No, non mi risulta. Entrambi parlano correttamente il dialetto.
La ragione evidente è che si è creato un vuoto, una sorta di vero e proprio baratro difficilmente riempibile a causa della radicata rassegnazione e perdita di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni. In Calabria lo Stato non si tocca con mano! Si sente per televisione, si studia a volte sui banchi, ma non si percepisce.
Il Leviatano dell'immaginario collettivo che ci dovrebbe governare e difendere ha fallito. Si è appropriato con la forza e l'arroganza dei diritti e delle libertà dei cittadini.
È venuto meno il patto di concessione che parte dal basso necessario affinché si consolidi il legame fiduciario tra governante e governato.
Non si tratta solo di una crisi della politica in generale, ma dell'identità politica personale di ciascun individuo.
Niente più colore, niente più bandiere, niente più ideologia. Tanto le cose vanno così!
La rassegnazione è diventata una questione genetica in Calabria. Troppi anni (ormai decenni, anzi lustri) di diritti negati o peggio ancora "concessi" per conoscenze clientelari o per pietà mai pienamente, ma di seconda scelta rasente il livello minimo essenziale.
Il patto politico è fallito.
La ripartenza deve basarsi su una presa di consapevolezza, riappropriandosi di ciò che naturalmente ci spetta: sanità e ospedali in primis, istruzione e scuole, territorio, ambiente e paesaggio, patrimonio artistico e storico. Tutela delle minoranze linguistiche e culturali. Impresa e giovani. Produrre lavoro. Per fare ciò servono risorse umane: professionisti competenti e competitivi, manager.
La Calabria ha un'ottima occasione per ripartire ma servono professionisti secondo una logica di aziendalizzazione e umanizzazione delle risorse.
I poeti continuino a fare i poeti, gli eroi di oltre confine si dedichino alle missioni umanitarie. È finita l'epoca degli eroi. È iniziata quella della consapevolezza e delle professionalità
Lorena Calabrese