12. ago, 2021

I giovani vanno vaccinati in ambienti che li mettano al loro agio di Licia Pizzoni

 Da 45 anni mamma e farmacista, prima come dipendente e dal 1994 titolare della “Farmacia Europa”. Tre figli di cui due farmacisti, la più grande co-titolare di un’altra farmacia, anche essa funzionante in Rende, la “Farmacia Lourdes”. Non solo. Da 15 anni sono nonna di tre splendidi nipoti.
 Non avrei immaginato nella mia vita di vivere una atroce esperienza così come è stata quella determinata dalla pandemia prodotta dal Sars-Cov-2, in una alle sue temibili varianti in circolazione, Delta in primis. Non di meno mi preoccupo della gestione del cosiddetto Long-Covid, nel quale è finanche impossibile individuare gli esiti patologici, sia acuti che cronici, dal momento che il coronavirus interessa negativamente quasi tutti gli apparati che consentono alla persona umana la vita.
 Evito in questa occasione di parlare come dovrei (male) dei colpevoli ritardi, della conduzione della campagna di tutela sociale e sanitaria iniziale così come quella della vaccinazione, alla quale ha dato (fortunatamente) un minimo di funzionalità il generale Figliuolo.
 Ho deciso di scrivere per due motivi.
 Il primo per sottolineare il ruolo essenziale che hanno svolto le farmacie nel triste evento che ha pesantemente colpito la nazione. Sempre e costantemente al servizio della cittadinanza, svolgendo spesso un ruolo tutorio e quasi ancillare, collaborate in questo dalle famiglie che hanno rintracciato, nella quasi totalità, nel loro farmacista un professionista fiduciario disposto sempre ad accompagnarle nel bisogno.
 Il secondo per protestare - nonostante che la decisione di vaccinare i giovani 12-18 anni sia da considerarsi idonea e perfettamente conforme alle massime regole della prevenzione -  per la metodologia individuata a partire dal prossimo 16 agosto.
 Stabilire dei percorsi ordinari ma preferenziali per una siffatta tipologia anagrafica di giovani non è, infatti, da ritenere sufficiente per pervenire al migliore risultato voluto, specie per le classi di età inferiori, alle quali i pediatri vorrebbero aggiunti anche i più piccoli. Ciò in quanto, è facile immaginare le difficoltà che avrebbero i nostri figli e nipoti nell’affrontare le traversie determinate dalle file, dagli operatori visti per la prima volta, dagli ambienti francamente freddi e non accoglienti, dall’ago che penetra nelle loro braccia e dall’assenza delle coccole successive e spesso indispensabili.
 Ebbene questo è un ruolo che le farmacie e i farmacisti di fiducia, ben noti alle famiglie ivi compresi i figli, sarebbero in grado di fornire al lordo delle coccole.   
dott.ssa Licia Pizzoni Jorio