7. ago, 2021

L'angelo dei desaparecidos, Filippo DI BENEDETTO - di Giulia Veltri

Storia di un eroe calabrese, storia di Filippo Di Benedetto: colui il quale – insieme ad altre due persone: il viceconsole Enrico Calamai e il giornalista Gian Giacomo Foà – con le sole armi del coraggio e del rigore morale, negli anni della sanguinaria dittatura Videla, in Argentina (dal 1976 al 1983) clandestinamente riuscì a mettere in salvo centinaia di italiani, facendoli espatriare in totale segretezza e mettendo a repentaglio la propria sicurezza e quella della sua famiglia.
Filippo Di Benedetto ha umili origini: il papà è un calzolaio e la mamma una casalinga. I suoi studi si fermano alla terza media ma ha qualcosa in più rispetto ai coetanei della sua piccola comunità il giovane Filippo: l’amore per la lettura e per la politica. Decide di iscriversi al Pci, aderisce giovanissimo a una scuola di vita che lo spinge a praticare nel quotidiano il rigore morale, l’altruismo e la lotta per la libertà. Le prime lotte sindacali nella zona del Pollino le organizza lui. A 21 anni è arrestato, torturato dai fascisti e rinchiuso nel carcere di Castrovillari per un mese, proprio per quelle lotte che conduceva. E’ un giovane uomo giusto: nel 1947 viene eletto sindaco, il primo sindaco comunista di Saracena.
Nel 1952 Di Benedetto s’imbarca per raggiungere il fratello, che già viveva in Argentina. Appena arrivato, s’iscrive al Pc argentino e poi diventa sindacalista all’Inca Cgil; presto diventa il punto di riferimento del Pci in Argentina e, nel frattempo, a Buenos Aires si occupa di pratiche di pensioni, documenti, aiuta la comunità emigrata a districarsi nella burocrazia. Diventa presidente della Filef, la Federazione Lavoratori Emigranti e Famiglie, s’impegna nei comitati per il diritto di voto agli immigrati.
Intanto, tutta l’America latina trema: siamo in piena Guerra fredda, la rivoluzione cubana si è appena realizzata e ha portato Fidel Castro al potere con il successivo sostegno dell’Urss. Gli Stati Uniti non stanno a guardare, non possono permettere che altri Paesi si allineino alla svolta cubana. Così i governi democratici di molti paesi latinoamericani vengono progressivamente abbattuti per essere sostituiti da regimi militari dittatoriali.
Succede in Brasile, succede in Cile e il 24 marzo del 1976 succede anche in Argentina. Il generale Videla prende il potere e disarciona Isabelita Peron, dando inizio a un processo di riorganizzazione nazionale che ha lo scopo di introdurre un regime neoliberista a servizio di pochi e selezionati attori economici. La realizzazione di questo progetto si fonda sulla repressione violenta e segreta degli oppositori, attraverso la detenzione illegale in luoghi clandestini, la tortura e l’uccisione, anche con i voli della morte. Studenti, attivisti politici, sindacalisti, madri di figli dispersi. Ci finisce di tutto dentro alle maglie della repressione. Il terrorismo di Stato sopprime più di 40mila persone, 50mila finiscono nei centri di detenzione subendo angherie e torture, 30mila sono i desaparecidos, coloro cioè di cui si è persa traccia. Molte donne sequestrate incinte partoriscono nei centri di detenzione prima di venir assassinate, assistite dai loro stessi carnefici, e i bambini dati in adozione a persone conniventi col regime.
Inizia così la missione umanitaria dei tre eroi italiani: il sindacalista, il diplomatico e il giornalista.
Di Benedetto ha il compito di segnalare casi di giovani perseguitati, li riceve nel suo ufficio, li accompagna in consolato, li nasconde. Calamai rilascia i passaporti per il rimpatrio e Foà documenta l’Italia sul volto criminale della dittatura. Filippo Di Benedetto vuole dare una mano per limitare la portata di quello che stava accadendo. E’ un uomo cauto, sa come muoversi, come nascondersi e come far pervenire a Roma dei messaggi. Sa di rischiare ma il rischio è calcolato e vale la pena prenderlo. Anche quando il regime gli porta via il nipote Eduardo, sequestrato da quattro uomini mentre accompagnava i suoi due figli alla scuola materna. Più di 300 ragazzi rientrano in Italia grazie alla rete di salvataggio messa in piedi da Calamai e Di Benedetto.
Filippo Di Benedetto muore in Argentina nel 2001.
Li hanno definiti gli Oscar Schindler italiani, richiamando l’esperienza eroica dell’imprenditore che, nel pieno dell’Olocausto, sacrificò il suo lavoro per mettere in salvo più di mille ebrei dai lager nazisti. Grazie al regista Steven Spielberg tutti conoscono le gesta dell’industriale tedesco. L’incredibile vita del sindacalista calabrese è patrimonio di pochi ma siamo ancora in tempo per accendere un fascio di luce e ricucire i fili della memoria.
Giulia Veltri