2. ago, 2021

La cura e la difesa del suolo di Massimo Veltri

La difesa del suolo e un nuovo modello di sviluppo.
C’è una questione che accomuna tutta l'Italia: è quella difesa del suolo. E interessa sia l'assetto fisico-geologico, geotecnico, idrologico, idraulico-del territorio quanto quello abitativo, urbanistico, produttivo, ambientale. Basti pensare alle fragili condizioni morfologiche ed idrografiche del paese, a come si sono nel tempo succeduti gli insediamenti antropici, agli squilibri storici fra aree interne e aree urbane per ritenere che occuparsi di difesa del suolo, assetto del territorio, messa in sicurezza di suolo e sottosuolo diventi sempre più un'urgenza strutturale per chi si occupa delle discipline di scienza della terra, degli operatori tecnici, delle professioni liberali, della politica. 
 E' a tutti evidente che una pioggia battente e continua, una mareggiata di grande intensità, una piena fluviale devastante, uno scoscendimento franoso sconvolgente sono cause e concause di come è stato amministrato e prima ancora occupato il territorio oltre che dalla fisica dell'atmosfera. E tocca all'uomo intervenire affinché si disponga di una gestione oculata e razionale del comparto acqua-suolo. 
 Non si parte dall'anno zero, per fortuna, anche se il cono d'ombra in cui la materia sembra essere ricaduta necessita di sollecitazioni e proposte convincenti, alla luce anche delle azioni previste nel Recovery Plan, di una loro omogeneizzazione territoriale e coerenza funzionale, oltre che delle ormai evidenti emergenze degli estremi climatici.
Giuseppe Barone nel 1986, in Mezzogiorno e Modernizzazione evoco’ il potente e concertato intervento governativo orchestrato insieme a Bastogi, Banca Commerciale e uno stuolo di tecnocrati e di tecnici, per realizzare gli impianti idroelettrici in Calabria, a fini idroelettrici e inseriti in una logica di conservazione del suolo, politica di montagna e pianura, bonifica idraulica. 
 Mentre si avverte palesemente, ancora oggi, in quale misura manchi una visione di cornice, un impianto, una politica generale attenta agli aspetti strutturali ed infrastrutturali di suolo e sottosuolo che consentirebbe oltretutto occasioni occupazionali di ogni tipo; di pianificazione e programmazione non si vuole più sentir parlare, di manutenzione del territorio neanche, come se fra rischio zero e deregulation non ci siano spazi intermedi, come se intervenire a posteriori non costi di più che intervenire prima, come se risparmiare vite umane non sia possibile.
Nell’Aggiornamento della Enciclopedia Treccani della voce Difesa del Suolo ho avanzato, pochi anni orsono, alcune proposte di recupero di un ethos come condizione necessaria per una inversione di tendenza. Un ethos essenzialmente basato su due parole chiave: responsabilità e modello di sviluppo. La responsabilità non solo delle istituzioni preposte ma anche dei soggetti competenti. Occorre coniugare saperi scientifici e operosità tecnica con scelte politiche, motivare l’azione in ambito legislativo, impegnarsi per offrire al nostro paese un sistema moderno e funzionante di difesa del suolo e assetto territoriale. Potremmo dire: la difesa del suolo come metafora di un nuovo modello di sviluppo, come recupero dello strumento della pianificazione per il governo del territorio, che contempli una visione di insieme fra città e campagna, di rischi, di limitazioni d’uso ma anche di prospettive reali di crescita. Né vale trincerarsi più di tanto dietro il refrain della mancanza di fondi: i fondi ci sono, spesso serve da alibi scontato ma ci sono: piuttosto non si sa chi deve spenderli, dove, quando e con quale priorità.
È necessario iniziare: dal riassegnare centralità ai lavori pubblici per le infrastrutture di collegamento e non solo; dallʹinvestire nella manutenzione delle opere e nell'adeguamento normativo che riassegni centralità decisionale per alcune realizzazioni, sottraendole finalmente alle insulse duplicazioni, salvandole dal groviglio paralizzante dei diversi centri di riferimento. 
Massimo Veltri